Mangia Napoli e poi …
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Le domeniche della mia infanzia avevano una certezza; quella certezza data dall’età avanzata, dal non riuscire a dormire oltre le sei e mezza del mattino, anche quando è domenica, anche quando potresti farlo tutti i giorni.
L’età era quella dei nonni materni, che il sabato pomeriggio si trasferivano armi e bagagli nella nostra casa, per consentire ai miei genitori una serata libera a settimana. Si muovevano dal cuore di Napoli, da mezzocannone. E la domenica alle 6,30 erano già in piedi, a preparare le macchinette del caffè, a tagliuzzare le cipolle, preparare le carni e avviare il ragù.
E sarebbero state 8 ore di rimescolamenti, controlli della fiamma, assaggi di sapidità, ma un industriarsi silenzioso … non ricordo di essere mai stato svegliato da un rumore di troppo, che so … un coperchio che cadeva, una porta che sbatteva. La sveglia arrivava con l’odore che si propagava dalla cucina, sempre più intenso … e la promessa della colazione era una fetta di pane del giorno prima da intingere nel sugo ancora in cottura, una di quelle piccole deviazioni dalla colazione “tradizionale” che ci era concessa la domenica.
Ancora oggi, a quasi 20 anni di lontananza dalla mia città, quell’odore – quando adesso sono io ai fornelli a preparare quel sugo denso che sembra uscito dalle vene – mi fa tornare bambino; e assieme a questa bella sensazione, un turbinio di pensieri negativi, perché sembra che oramai solo questo sia rimasto di Napoli: i ricordi.
Oggi mi viene da piangere … maledette cipolle!
PS: Lydia mi scuserà se ho utilizzato la sua foto senza chiederle il permesso, ma credo che mai altra foto fosse più azzeccata per questo post.
5 marzo 2013 a 14:52
non scrivo niente su fb, non lascio commenti. provo un dolore immenso per questa città che sta scomparendo. speranzosi, illusi proviamo sempre a dare fiducia a gente che promette di salvare la città e il risultato è sempre lo stesso. che la città si sta spegnendo e noi che ci stiamo dentro lottiamo per viverci. ma che senso ha?
5 marzo 2013 a 15:46
mi ritrovo in quegli odori, in quelle domeniche, nel ricordo dei mitici nonni,sempre vivo,,,,e mi ritrovo a piangere,senza singhiozzi, per ritrovarmi in questa città
5 marzo 2013 a 16:10
E’ nell’istante in cui realizzi che sopravvivi, che scatta la molla per andarsene. Lottare da soli è impossibile e chi poteva aggregare, scassando qualche tempo fa, ha profondamente deluso.
5 marzo 2013 a 16:32
napoli crolla… napoli brucia
qualsiasi cosa detta ora potrà sembrare uno dei soliti luoghi comuni
e allora solo viva napoli con i suoi odori di salsedine e di ragù!
5 marzo 2013 a 19:51
Tu sei andato via, ce l’hai fatta. Ritieniti fortunato.
5 marzo 2013 a 21:05
Si, mi ritengo fortunato, ma ci ho messo anche del mio … e tanto. Anche se – all’epoca – forse era più la voglia di uscire dal provincialismo partenopeo. Poi inizi a girare e ti chiedi come hai fatto a stare in quella città con quei servizi, il non rispetto di nessuno, quel livello bassissimo di qualità della vita ed è allora che capisci che non ci tornerai mai più, anche se magari ti eri solo prefissato qualche anno fuori per crescere professionalmente. E ancora oggi, dopo 48h a Napoli mi vien voglia di scappare
6 marzo 2013 a 10:58
la conosco solo per averci fatto una corsa sul lungomare. mangiato la pizza più buona e girata con la faccia all’insù.
sono meravigliosi i colori e i profumi
ma non bastano i ricordi per abitarci dentro.
in nulla
6 marzo 2013 a 12:27
Niente parole inutili, sbuccio cipolle anche io…